• tratto dall'Osservatore Magazine, n.34/2020
« “Mi piace una poesia capace di seguire le divagazioni della mente, i vagabondaggi del pensiero, le associazioni imprevedibili”, aveva detto Roberto Sanesi (Milano, 1930-2001) in un appunto non facilmente collocabile cronologicamente (ma certo dell’ultima fase della sua vita, quella nei dintorni del poemetto L’incendio di Milano). »
« Una poesia “pensante”, una parola, che si fa appressamento e invito ai fantasmi della mente e del cuore, perché si tramutino, se non in una consolante armonia e in un leopardiano “ameno inganno”, almeno in una teoria più o meno ordinata di suoni, di eventi che si fanno linguaggio in grado di aiutare a metabolizzare e neutralizzare il nero della notte e della vita. »
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